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Omelia del vescovo Vincenzo nel XXV del pio transito del Servo di Dio Mons. Alberico Semeraro, Vescovo di Oria e Fondatore delle Suore Oblate di Nazareth

Oria, 24 maggio 2025 - Chiesa Cattedrale

“Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 25, 21).

* Il mio saluto affettuoso e grato va alle Loro Eccellenze:


  • Mons. Ciro Miniero, Arcivescovo Metropolita di Taranto, diocesi di origine di Mons. Semeraro;

  • Mons. Francesco Gioia, Arcivescovo emerito di Camerino – San Severino Marche e Assistente spirituale della Congregazione delle Oblate di Nazareth, la cui conoscenza e, mi permetta, amicizia e profonda ed immutata stima risale ai tempi della mia formazione nel Seminario Romano Maggiore;

  • Mons. Angelo Massafra ofm, Arcivescovo emerito di Scutari, che vive ed opera nella nostra Chiesa di Oria;

  • Mons. Gianfranco Gallone, Nunzio Apostolico in Uruguay, figlio di questa Chiesa di Oria.


La Vostra presenza rinsalda la collegialità episcopale ed esprime il particolare affetto alla persona e al ministero apostolico di Mons. Alberico Semeraro.

* Saluto la Madre Generale, Suor Immacolata Carrozzo, e il Consiglio generale delle Suore Oblate di Nazareth, il cui Istituto fu fondato da Mons. Semeraro, che tanto hanno auspicato questa celebrazione commemorativa. Insieme con Loro saluto tutte le Suore Oblate di Nazareth.

* Saluto di cuore tutti i Sacerdoti della nostra diocesi di Oria e dell’Arcidiocesi di Taranto.

* Saluto il Sig. Sindaco di Oria, Cosimo Ferretti, la cui presenza testimonia, una volta di più, l’affetto e il legame di questa splendida Città di Oria con Mons. Alberico Semeraro e con tutti i Pastori di questa santa Chiesa oritana. Con lui saluto il Vicesindaco di Manduria, la Delegata del Sindaco di Francavilla Fontana e tutte le Autorità civili e militari presenti.

* Un saluto particolare lo rivolgo a S.E. il Prefetto di Brindisi, Dott. Luigi Carnevale, il quale non è presente per sopraggiunti imprevisti impegni di servizio.

* Saluto tutti Voi, miei carissimi Fedeli, che partecipate a questa celebrazione eucaristica, specialmente coloro che hanno avuto un rapporto spirituale intenso con il mio venerato Predecessore, il Servo di Dio: non posso non ricordare il Prof. Franco Carone e la Dott.sa Maria Lucia Carone.

Un particolare saluto lo rivolgo

a S. Ecc.za Mons. Domenico Caliandro, Arcivescovo emerito di Brindisi – Ostuni, figlio di questa Chiesa, che fu ordinato presbitero da Mons. Alberico Semeraro, e che, per problemi di salute, non può essere oggi presente;

a S. Ecc.za Mons. Donato Negro, Arcivescovo emerito di Otranto,

a S. Ecc.za Mons. Giovanni Intini, Arcivescovo di Brindisi – Ostuni,

a S. Ecc.za Mons. Giuseppe Favale, Vescovo di Conversano – Monopoli

e a S. Ecc.za Mons. Vito Angiuli, Vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca,

i Quali, essendo già occupati, si sono fatti ugualmente presenti, assicurando la Loro preghiera e la Loro vicinanza spirituale a questa nostra Assise liturgica.

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23).

Con queste parole, tratte dal vangelo di questa sesta domenica di Pasqua, appena proclamato, Gesù ci rivela un aspetto fondamentale del nostro credere: è l’amore che produce l’obbedienza e non viceversa! Se uno ama Gesù è disposto ad obbedirGli, è disposto ad ascoltare la Sua voce che chiama alla sequela ed è disposto ad intraprendere la via della Croce, la stessa che ha percorso Gesù e l’unica che ci porta alla gloria eterna.

L’obbedienza che scaturisce dall’amore renderà la persona dimora di Dio - “prenderemo dimora presso di lui”: obbedendo diventiamo santuario della Ss.ma Trinità.

E siccome siamo inabitati dallo Spirito Santo, Egli ci insegnerà e ci ricorderà tutti gli insegnamenti di Gesù: «Il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14, 26).

Le due grandi opere che lo Spirito di Gesù compie in noi sono l’insegnamento e la memoria. Insegnare vuol dire segnare dentro, scrivere dentro, scrivere nella nostra coscienza. Ed è quanto mai necessario che lo Spirito Santo lo faccia perché noi crediamo di non dover imparare niente perché abbiamo una pagina interiore in cui ci sono convinzioni e priorità che rendono difficile accogliere nuovi insegnamenti. È necessario acquisire la virtù dell’umiltà per potersi correggere ed accogliere l’insegnamento dello Spirito, che è su ogni cosa, ed è continuo, si rinnova continuamente, non finisce mai.

L’altra opera che il Paraclito compie in noi è la memoria, il ricordare ciò che Gesù ci ha detto. Quest’opera è di grandissima utilità per la nostra coscienza perché solo dalla parola di Cristo si rinasce e si riceve consistenza. È necessario che ci venga ricordato e, per ciò stesso, insegnato non il nostro futuro ma il nostro passato. Nel percorso che abbiamo già fatto Dio ci ha parlato e noi, spesso, non abbiamo ascoltato; perciò è necessario che lo Spirito ci ricordi, sia il Maestro della memoria. Ci ricordi quelle parole che Gesù ha detto proprio a noi, alla nostra coscienza e che sono parole di vita, che indicano la via personalizzata della vita e ci danno vita. Quanto è utile quest’opera dello Spirito, quanto la dobbiamo desiderare.

Ritengo provvidenziale ciò che la liturgia odierna ha posto alla nostra meditazione perché ci aiuta grandemente a rileggere, con gli occhi risanati dal collirio dello Spirito, la via e l’attività pastorale e magisteriale del Servo di Dio, Mons. Alberico Semeraro.

È lo Spirito che vuole insegnarci come superare nostre convinzioni e priorità, forse anche pregiudizi, sull’opera di costruzione del Regno che ha condotto Mons. Semeraro; è sempre lo Spirito Paraclito che vuole farci memoria di una pagina di vangelo incarnato che è la vita e l’opera del mio venerato Predecessore. Dobbiamo, perciò, chiedere l’umiltà del cuore per saper accogliere con libertà e meraviglia ciò che Dio ha detto alla nostra Chiesa di Oria e, anche, ad altre Nazioni (Brasile, India e Nigeria) attraverso l’operato, umile e fecondo, del Servo di Dio.

Mi sia permessa una nota personale. Era il 1985, quando da Educatore del Pontificio Seminario Romano Maggiore, ad appena un anno dalla mia ordinazione sacerdotale, ebbi il gioioso dono provvidenziale di concelebrare, insieme agli altri Superiori nella cappella Maggiore del Seminario, con Mons. Alberico Semeraro, il Quale era venuto per festeggiare il Suo 60° di ordinazione sacerdotale, essendo stato anch’Egli ex alunno del Seminario Romano, cresciuto e formato sotto lo sguardo materno di Maria, Madre della Fiducia, la Cui immagine campeggia nella Cappella dell’Episcopio e in tutte le Case delle Oblate e la Cui giaculatoria, “Mater mea, fiducia mea”, tanto cara a tutti gli ex alunni, Egli ripeteva in continuazione per ricevere forza, pazienza ed entusiasmo. Conservo una foto, dono della Madre Generale, in cui sono ritratto, insieme agli altri Superiori, intorno all’altare durante la concelebrazione eucaristica di ringraziamento. Allora mai avrei pensato che sarei diventato, a dieci anni dal Suo dies natalis, un successore di Mons. Alberico, peraltro, favorendo ed introducendo la causa della Sua beatificazione. Il Signore è davvero imprevedibile e fa sempre opere grandi. A Lui lode e gloria nei secoli.

Di Mons. Alberico Semeraro, la cui biografia potrete apprendere dalla splendida ed appassionata opera di S. E. Mons. Francesco Gioia “Il Pastore mite – Alberico Semeraro” che, vi posso assicurare, si legge tutta d’un fiato tant’è avvincente, mi piace ricordare alcuni passaggi fondamentali del Suo lungo e fecondo apostolato, come Vescovo su questa Cattedra di Oria e come Fondatore delle Suore Oblate di Nazareth. E mi piace fare una sorta di sinossi tra la vita del Servo di Dio e alcune scene evangeliche che riguardano la vita di Maria, Madre di Gesù e Madre nostra.

Innanzitutto l’Annunciazione. Nel vangelo secondo San Luca, nel primo capitolo (vv. 26-38) viene presentata la figura della giovane di Nazareth, Maria, quale promessa sposa di Giuseppe e viene raccontato il dialogo di Lei con il Messo di Dio, l’Arcangelo Gabriele. Quando apprende il progetto di Dio su di Lei e, attraverso di Lei sulla salvezza del mondo, la Vergine Maria, questa umilissima ragazza ebrea, manifesta la Sua impotenza in questa grande opera di costruzione del Regno di Dio. Solo quando comprende che sarà Dio stesso a compiere tutto e Lei dovrà obbedire ed accogliere l’opera di Dio, dirà: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1, 38).  

In questa scena leggo i sentimenti di don Alberico Semeraro, quando l’11 febbraio 1947, gli viene comunicata la volontà del Santo Padre Pio XII di elevarlo alla dignità episcopale, assegnandogli questa Sede benedetta di Oria. Dopo più di un mese, il 25 marzo 1947, scrisse una lettera autografa al Papa per chiedergli di ripensare a tale designazione, adducendo come motivi il suo carattere “disordinato ed incostante” e la malferma salute. Ma, come si addice ad un devoto figlio della Madonna della Fiducia, conclude la sua lettera manifestando comunque assoluta obbedienza al Papa, il quale, il 1° maggio 1947, lo nomina Vescovo di Oria. Ecco l’obbedienza che nasce dall’amore. Un’obbedienza che affonda le sue radici nella preziosissima virtù dell’umiltà.

È ancora l’evangelista Luca che ci offre la pagina della visitazione di Maria alla cugina Elisabetta (Lc 1, 39-56), una visita che parla ancora di umiltà, servizio e lode. Ed è proprio l’atteggiamento assunto da Mons. Alberico, il quale, con grande umiltà e profondo spirito di servizio, negli anni del suo episcopato, ha fatto diventare la Diocesi di Oria un grande cantiere materiale, culturale e spirituale. Opere edili, promozione di gruppi e movimenti laicali di ispirazione cristiana per sostenere le opere sociali della popolazione nel dopoguerra, formazione spirituale del Clero e dei Religiosi, attività per i ragazzi, soprattutto per sostenere le vocazioni di speciale consacrazione al servizio del Regno. E tutto vissuto con grande lode al Signore, “L’anima mia magnifica il Signore”, come si evince dal prezioso diario spirituale “Colloqui con Dio”, dovuto soprattutto all’opera certosina ed instancabile di Mons. Gioia. Come non menzionare il grande impulso dato allo sviluppo culturale e religioso del Santuario di S. Cosimo alla Macchia, celebre in tutto il Salento, con la totale ristrutturazione che, proprio in questi ultimi anni è stata totalmente ripresa e rinnovata, rendendolo più confacente alle odierne esigenze della pastorale.

È ancora Luca che ci racconta della vita nascosta di Gesù a Nazareth e, di conseguenza della vita nascosta di Maria e Giuseppe (2, 51-52). Quella vita, fondamentale per la formazione umana del Redentore, è stata l’ispiratrice ed anche il modello di riferimento per la fondazione prima e la formazione poi delle Suore Oblate di Nazareth. Nel Primo Regolamento per le prime Oblate di Nazareth del 1956, il Fondatore così esplicita il carisma: “Alcune giovani cristiane, per una particolare devozione alla Madonna e volendo vivere e lavorare con Lei, continuando la sua stessa occupazione di preghiera e di umili servizi alla umanità di Gesù misteriosamente presente e vivo nella persona di quanti vengono affidati alle loro cure, si sono riunite in vita comune sotto il nome di Oblate di Nazareth”.

Sembra quasi anticipare il memorabile discorso, tenuto in francese, da San Paolo VI nella Basilica dell’Annunciazione a Nazareth il 5 gennaio 1964: “Nazareth è la scuola di iniziazione per comprendere la vita di Gesù. La scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare nel significato, così profondo e misterioso, di quella manifestazione semplicissima, umile, bellissima, del Figlio di Dio.

Quasi insensibilmente, forse, anche qui si impara ad imitare. Qui impariamo il metodo con cui possiamo capire chi è Gesù Cristo. […]

Oh, e come vorremmo tornare bambini e tornare a questa umile e sublime scuola di Nazareth! Come vorremmo ripetere, insieme con Maria, la nostra introduzione alla vera scienza della vita e alla sapienza superiore della verità divina!”.

È evidente che Nazareth non è solo la scuola per le Oblate, ma attraverso il dono della loro vita, è la scuola per chiunque esse incontrano nel loro molteplice ministero. Mons. Alberico aveva un’idea della vita religiosa e, più in generale, della Chiesa stessa di una vita di famiglia, da vivere come una famiglia e, specificatamente, come la famiglia di Nazareth. Grande intuizione! Grande insegnamento!

E c’è un’ultima scena evangelica che mi piace comparare con la vita del mio venerato Predecessore: si tratta della scena del Calvario raccontata dall’evangelista Giovanni: “Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!».  Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé” (Gv 19, 25-27).

Sotto la Croce c’è Maria, silente, dolente e offerente. E accanto a Lei il discepolo che Gesù amava. Mons. Alberico è stato il discepolo che Gesù amava. È stato sotto la Croce, non è fuggito da quel luogo di dolore, dove il Figlio di Dio dava la vita per salvare l’umanità ma nella più piena incomprensione dei nemici e degli amici. È questa la grande sofferenza che ha patito il Vescovo Semeraro: l’incomprensione! Ma è nella logica del vangelo che sia così! E dalla Croce non è fuggito nemmeno lui! Ha saputo metabolizzarla in sacrificio per la Chiesa e per i suoi detrattori. Ha saputo farla diventare offerta! Ed offerta gradita a Dio! E questo è stato possibile solo perché anch’egli, come San Giovanni, ha accolto Maria con sé!

Mentre mi avvio alla conclusione, non posso sorvolare su due felicissime coincidenze. La prima: lo scorso 11 aprile abbiamo ricordato cento anni dall’ordinazione sacerdotale di Mons. Semeraro, avvenuta a Roma, com’era tradizione del Seminario Romano, l’11 aprile 1925. La seconda: siamo nell’Anno santo che Papa Francesco, di venerata memoria, ha voluto dedicare alla speranza. Il motto episcopale di Mons. Alberico enuncia proprio la speranza: “Spes messis in semine”. Il nostro amato Pastore è vissuto nella piena speranza, che è certezza del sostegno divino.

In questa speranza, desidero richiamare alla vostra mente un altro mistero della vita di Maria che non è presente in modo esplicito nel vangelo ma è magistero solenne della Chiesa: l’Assunzione e la glorificazione di Maria. E mi piace leggere anche questo mistero di Maria in sinossi con la vita del Servo di Dio, Mons. Alberico Semeraro, come il desiderio e l’auspicio che, nei tempi che solo Dio conosce, egli venga beatificato e offerto come esempio  mirabile di sante virtù evangeliche a noi Pastori e a Voi Fedeli. Così sia.

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