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Omelia nella Santa Messa di ringraziamento per la canonizzazione di San Bartolo Longo

Quarantacinque anni fa, il 26 ottobre 1980, proprio come oggi, San Giovanni Paolo II, beatificava a Roma Bartolo Longo. Con questa Santa Eucarestia, rendiamo lode e gloria al Signore per averci donato come modello di vita cristiana l’Avv. Bartolo Longo, di Latiano, canonizzato domenica scorsa, 19 ottobre 2025, nella S. Messa celebrata a Roma, in Piazza San Pietro, da Papa Leone XIV.

Lode alla Ss.ma Trinità, che ci invia messaggeri di vita santa perché siano nostri modelli di vita, da imitare, e nostri intercessori di ogni grazia!

Il Vangelo della XXX domenica del tempo ordinario ci offre l’opportunità di confronto tra due visioni dell’umanità, stigmatizzate, nel brano del Vangelo ascoltato, in questi due personaggi che salgono al tempio per pregare, un fariseo e un pubblicano. Chiediamoci: in cosa consiste oggettivamente la differenza della loro preghiera?

Mentre il pubblicano, persona il cui mestiere e le cui scelte di categoria lo rendevano odioso agli occhi di tutti perché collaborazionista del dominatore romano, in quanto riscossore delle tasse e, pertanto, anche nella condizione di essere ladro e vessatore, si pone dinanzi a Dio, con il capo basso, in atteggiamento di profonda e convinta umiltà, riconoscendo la propria condizione di peccatore, cioè di persona che non solo sbaglia nelle proprie scelte, ma non è capace di potersi dare salvezza da se stesso se qualcun altro, è questo è solo Dio, non avesse pietà di lui. In altre parole, è di fronte a Dio dinanzi al quale riconosce la propria indegnità e chiede aiuto.

Il fariseo, invece, persona degna, che conosce la legge di Dio e si sforza di osservarla, ma solo con una visione puramente umana, si pone, nella sua preghiera non di fronte a Dio ma di fronte al prossimo, qualsiasi prossimo, che ritiene essere più indegno di sé, proprio perché si ritiene osservante della legge di Dio. È così la sua presunzione, contro la quale Gesù pronuncia la parabola che abbiamo ascoltato, lo porta anche a giudicare il pubblicano che, contemporaneamente con lui, sta al Tempio per pregare! E lo considera cattivo, partendo dalla visione che ha di lui a motivo del suo lavoro.

Sono due visioni di umanità diverse, contrapposte, che ci devono spingere a una seria riflessione sulla nostra vita integrale, non settorializzata in vita civile e in vita di fede, ma sull’integrità della nostra vita che è la nostra esistenza!

Chi è l’uomo? Colui che si confronta con Dio, riconoscendo la verità di se stesso, o colui che si confronta con il prossimo, denigrando quest’ultimo per esaltare se stesso?

Come siamo noi? Come stiamo vivendo questa Santa Eucarestia di ringraziamento per la canonizzazione di San Bartolo? Rivolti a Dio o stiamo indagando sul prossimo?

Non è necessario riflettere troppo, perché è Gesù stesso che ci offre l’indirizzo da seguire: “Io vi  dico: questi, -il pubblicano- a differenza dellaltro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque  si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato ” (Lc 18, 14).

Essere uomini che stanno di fronte a Dio, con il capo chino ma rivolto a Dio, di fronte al quale fare verità su se stessi! Questa è la via per la nostra salvezza!

E San Bartolo, il latianese Santo, il nostro santo diocesano, che proprio in questa Chiesa, a pochissimi giorni dalla nascita, ha ricevuto il dono del battesimo, nel fonte battesimale dinanzi al quale mi recherò tra poco per rinnovare le promesse battesimali chiedendo anche a tutti voi di farlo con me, motivo per il quale ho disposto che questa celebrazione di ringraziamento avvenisse in questa chiesa e non, come poteva apparire più opportuno, in una qualche piazza della Città, e che lo ha innestato come virgulto vivo e vitale nella vita di Cristo e lo ha reso membro della comunità dei salvati, che è la Chiesa, a cui Gesù ha affidato la missione di portare il Vangelo in ogni luogo, e San Bartolo ha fatto proprio questo, è stato un uomo che si è posto di fronte a Dio, aiutato e sostenuto dalla Madre del Redentore, la Vergine Maria, facendo verità su se stesso e percorrendo la via di salvezza per sé, ma anche per tante persone che lo hanno incontrato sulla propria strada, per tutti noi che ci beiamo di essere suoi condiocesani e, oggi, per tutta la chiesa universale essendo stato proclamato Santo.

Sì, San Bartolo è stato un uomo che si è posto di fronte a Dio, riconoscendo la sua propria identità ed è stato accanto al prossimo, non di fronte al prossimo, per aiutarlo ad avere lo sguardo rivolto verso il Padre! Questa è la grande fede di San Bartolo Longo!

E tutto ciò che possiamo considerare della vita del nostro Santo, non potrà mai essere disgiunta dalla sua visione di fede, perché qualora lo fosse, farebbe apparire San Bartolo come un grande filantropo, con acute capacità gestionali e sociali, ma non renderebbe la verità sulla natura dell’uomo, perché, chi vive di fede, agisce secondo questa fede e le sue azioni hanno le radici nella fede e non in altro! Chiunque facesse questo, non comprenderebbe il senso vero del perché la Chiesa lo ha proclamato Santo!

Desidero, ora, porre alla vostra attenzione alcuni passaggi, fra i tanti, che ci permettano di conoscere l’uomo Bartolo Longo.

Innanzitutto, San Bartolo è stato un uomo in ricerca! Battezzato, come ho già ricordato, cresimato e comunicato in questa comunità parrocchiale, ha vissuto gli anni dell’adolescenza nella ricerca di Dio, che vorrei definire, non particolarmente entusiastica. Una vita ecclesiale, forse, fatta di tradizione di famiglia ma vissuta con poca convinzione personale, come, purtroppo, oggi tanti “che si dicono cristiani, eppure offendono il Cuore amabile del tuo Figliuolo ”, come San Bartolo denuncia nella Supplica. Eppure, il giovane Bartolomeo sentiva in sé ciò che Sant’Agostino dice nelle sue Confessioni: "Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù e la tua sapienza incalcolabile (Sal 144, 3; 146, 5). E luomo vuole lodarti, una particella del tuo creato, che  si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi. Eppure luomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te. Che io ti cerchi, Signore, invocandoti e ti invochi credendoti, perché il tuo annunzio ci è giunto. Ma chi mi farà riposare in te, chi ti farà venire nel mio cuore a inebriarlo? Allora dimenticherei i miei mali e il mio unico bene abbraccerei: te. Cosa sei per me? Abbi misericordia, affinché io parli. E cosa sono io stesso per te, sì che tu mi comandi di amarti e ti adiri verso di me e minacci, se non obbedisco, gravi sventure, quasi fosse una sventura lieve lassenza stessa diamore per te? Oh, dimmi per la tua misericordia, Signore Dio mio, cosa sei per me. Di allanima mia: «La salvezza tua io sono!». Dillo, che io loda. Ecco, le orecchie del mio cuore stanno davanti alla tua bocca, Signore. Aprile, e di allanima mia: «La salvezza tua io sono». Rincorrendo questa voce, io ti raggiungerò, e tu non celarmi il tuo volto. Che io muoia, per non morire, per vederlo" (Agostino, Le Confessioni, 1,1.5).

Un uomo in ricerca, di Dio e di se stesso. Un uomo che vuole trovare la propria vocazione nella storia, cioè il ruolo che Dio gli ha assegnato perché il Vangelo, che è la parola di salvezza per chiunque, giunga in tutti i luoghi e conquisti il cuore delle persone.

Una ricerca che non è mai finita in tutta la sua vita; una ricerca che lo ha portato anche lontano dalla fede, negli anni di università vissuti a Napoli, dove conseguì la laurea in Legge. Proprio nell’ambiente napoletano aderì allo spiritismo e al satanismo, professando l’ateismo più becero e, pertanto, negando completamente il soprannaturale e improntando la sua vita, in quegli anni oscuri, al positivismo materiale e pratico.

Ma la Vergine Maria, e lo stesso Dio Padre, non avevano distolto lo sguardo da quest’uomo in ricerca. Grazie alle sue doti di amministratore, giunse nella Valle di Pompei, dove ebbe quella mozione interiore che fu l’inizio concreto della sua conversione: “Se cerchi salvezza, propaga il  Rosario. Chi propaga il Rosario è salvo”.

Fu proprio questa mozione interiore che permise all’avvocato di Latiano di mettere a frutto le sue capacità progettuali e di carità! Fu proprio la ricerca di salvezza che lo fece diventare un grande evangelizzatore, attraverso il Rosario. San Bartolo è stato un uomo che ha saputo progettare la carità! Ma anche in questa direzione, ciò che lo ha guidato è stata la visione di umanesimo cristiano, che, evidentemente, è in grande contrasto con la cultura e la scienza positivista del tempo del nostro Santo Avvocato. Nel fondare, nel 1892, il ramo maschile dell’Istituto per i figli dei carcerati e, successivamente, nel 1922, il ramo femminile, Egli parte dalla dottrina cattolica, secondo la quale “anche il peggior peccatore non è mai irrecuperabile, anzi il Signore offre a tutti occasioni continue e costanti di conversione e di cambiamento, per giungere alla redenzione. Secondo questa visione evangelica, il fondatore della Nuova Pompei guarda i figli dei carcerati non come potenziali criminali, come erano considerati dalla mentalità del tempo, ma come figli amati da Dio e la cui cura avrebbe potuto salvare non solo loro stessi, ma anche i genitori detenuti in carcere” (Vincenzo Pisanello, Lettera pastorale “Se cerchi salvezza, propaga il Rosario” 2025, n. 7).

È stato anche un uomo immensamente innamorato della Beata Vergine Maria. Una devozione per la Madre di Gesù, e anche nostra Madre, che non è sfociata in bigottismo. Ha amato Maria come un figlio, trovando nel suo sguardo materno la forza protettiva contro il male e la forza rigenerante che lo ha spinto verso il bene. E vorrei dire, a questo proposito, che le parole conclusive dell’”Atto damore a Maria” o, come la conosciamo noi, la “Supplica alla Regina del Santo Rosario di Pompei”, sono di una confidenza, di una fiducia, di una lirica impari! Sono davvero le parole che un figlio, che ama la propria madre, può dire solo a lei: “Tu ci sarai conforto nellora di agonia, a te lultimo bacio della vita che si spegne.  E lultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti. Sii ovunque benedetta,oggi e sempre, in terra e in cielo”.

Vorrei ricordare solo un ultimo tratto, fra i tanti possibili, dell’avvocato di Latiano Santo a Pompei. San Bartolo è stato un uomo sociale, nel senso che si è impegnato concretamente perché la comunità umana e sociale di Valle di Pompei, potesse usufruire di ciò che allora era necessario per la relazione con il mondo. È stato lui a far costruire la stazione ferroviaria a Pompei, con piazza antistante, offrendo il suolo. Si adoperò anche perché nella città sorgessero farmacie, luoghi di ristoro ed accoglienza per i visitatori, un ufficio postale, nuove strade e tutto quanto potesse rendere la città più bella e funzionale. Trasformò una Valle desolata, in penoso stato di abbandono e degrado, in una moderna e bella città. Si potrebbe pensare, e forse qualcuno lo sta pensando, “Perché San Bartolo ha fatto tutto questo per Pompei e molto poco per la sua città natale?”. Non c’è una ragione precisa se non quella della vocazione divina che ha chiamato il Santo Avvocato di Latiano a diventare il fondatore della città di Maria, Pompei. San Bartolo ha solo seguito le mozioni della sua coscienza! Senza campanilismi! E così dobbiamo accoglierlo.

Si diventa santi, carissimi Amici, frequentando i santi. Così fece San Bartolo. Grazie alla moglie, la Contessa Marianna Farnararo, vedova de Fusco, conobbe e frequentò Santa Caterina Volpicelli e, negli ultimi anni della sua vita, ebbe l’amicizia e la frequentazione del santo medico Giuseppe Moscati, che lo visitò sino al giorno della morte, il 5 ottobre 1926.

Ecco chi è stato San Bartolo Longo: un uomo in ricerca, un uomo che ha saputo progettare la carità, un uomo innamorato di Maria, che ha evangelizzato e catechizzato il popolo grazie al Rosario, un uomo che ha saputo, in nome della fede, organizzare opere sociali di pubblica utilità, un uomo che ha frequentato Santi.

Sia di esempio per tutti noi!

Desidero far sapere che è in tipografia una lettera pastorale che ho scritto in vista della canonizzazione di San Bartolo e che desidero che sia distribuita, capillarmente, a tutte le famiglie della nostra Diocesi.

Nella lettera, il cui titolo emblematico è: “Se cerchi salvezza, propaga il Rosario, Verso la canonizzazione di Bartolo Longo”, promulgo un anno diocesano del Rosario, che va da questo mese di ottobre dell’Anno Santo 2025 a tutto il mese di ottobre 2026, periodo in cui celebreremo i 100 anni della morte del nostro amato Santo.

Chiedo a tutti i Sacerdoti, diocesani e religiosi, ma anche ospiti, che per tutto quest’anno, nella preghiera eucaristica di ogni Santa Messa, sia inserito il nome di San Bartolo.

Saluto e ringrazio tutti.

Beata Vergine del Rosario di Pompei, prega per noi.

San Bartolo, prega per noi.

Amen.

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